A Poste Italiane S.p.A: Relazioni Industriali-Roma / RU-RI Lombardia
Oggetto: Autodichiarazione per rientro al lavoro
Tutto cambia, si modifica, evolve, tranne il comportamento di codesta azienda in relazione alla gestione dei rischi per la salute e la sicurezza dei propri dipendenti. Un comportamento che – ribadendo quanto abbiamo già affermato a suo tempo in merito all’obbligo per Poste di rilevare la temperatura degli addetti al momento dell’inizio dell’attività lavorativa quotidiana – continua ad essere superficiale, contraddittorio, quando non direttamente omissivo rispetto ad obblighi specifici propri.
È molto più semplice scaricare sui lavoratori l’onere di autocertificare una condizione di salute, invece che creare le condizioni per realizzare un controllo reale ed efficace. È stato così per il controllo della temperatura autorilevata (oggi semplicemente non rilevata!) come lo è ora per l’attuale fase di contenimento del covid.
I lavoratori sono stati “informati” alle ore 20,15 del 28 agosto scorso, tramite il sistema elettronico di comunicazione interna, dell’obbligo di produrre, entro il 31 dello stesso mese, una autodichiarazione per il rientro sul luogo di lavoro. Non c’è che dire, una iniziativa assolutamente tempestiva oltre che molto efficace in termini di risultato; è infatti notorio che i postali hanno predisposto sui propri dispositivi elettronici il ricevimento delle notifiche da quella fonte aziendale, quindi “molto bene”.
Resta da verificare il contenuto di questa autodichiarazione; il riferimento normativo dichiarato sono il DCPM del 7/8/2020 e l’ordinanza del Ministero della Sanità del 16/8/2020. Il tema è la mobilità delle persone dai paesi e zone in cui è in corso una escalation in termini di contagio da covid, con le conseguenti misure di contenimento e/o prevenzione.
Nel modulo si deve dichiarare se si ha soggiornato nei 14 giorni antecedenti in alcuni paesi esteri o regioni italiane; niente di che, la risposta è semplice, sì o no. Nel caso affermativo si deve dichiarare di essere a conoscenza di determinati, semplici, obblighi, ma anche “di essere disponibile ad aderire, qualora previsto, alle campagne di screening volontario organizzate dalle autorità sanitarie locali e di rendere noto il risultato del suddetto screening non appena in suo possesso”. Non capiamo, se si tratta di screening dichiarato volontario dalle stesse autorità sanitarie ne deriva la
possibilità di scegliere ed eventualmente negare la volontà di parteciparvi, ma per come avete impostato il modulo questa possibilità sembra venir meno. Quindi su questo punto c’è un evidente problema, se si può scegliere non c’è nessun obbligo; vedete di risolvere.
Ma la parte migliore è quella in cui si devono barrare le caselle secondo VERITÀ. La richiesta di dichiarare la propria non positività non può che basarsi su una presunzione di VERITÀ salvo che si siano fatti accertamenti specifici; invece l’aver adempiuto agli obblighi da eventuale positività, così come il confermare di non aver febbre/tosse/difficoltà respiratorie è piuttosto semplice, e chiunque dovrebbe essere in grado di agire secondo VERITÀ; vanno chiariti un paio di dettagli: la “febbre” non doveva essere controllata da Poste al momento dell’accesso? E ancora, i sintomi devono essere tutti presenti o ne basta uno per impedire l’accesso? Vedete di risolvere.
Diverso il discorso per i contatti stretti con rientranti dai paesi critici e con i positivi al covid. Qui si va oltre ogni cognizione scientifica, chi è in grado di dire, secondo VERITÀ, di non aver avuto contatti con contagiati? Se chi ha prodotto questo modulo spiegasse a tutta la comunità come fare compierebbe un’opera meritoria traendone adeguato compenso, magari anche solo come riconoscimento morale, ma temiamo che così non sia. Vedete di risolvere.
Analogamente per i rientranti per i quali, o si precisa in modo indiscutibile, che ci si riferisce esclusivamente a conviventi, oppure il discorso non ha senso. I mezzi di trasporto pubblici, gli uffici pubblici (postali in primis dove ogni giorno si devono affrontare discussioni per l’uso delle mascherine e dove non c’è alcun controllo aziendale), le zone pedonali, i negozi, i luoghi di lavoro, i colleghi di lavoro, producono contatti stretti? Se la risposta è no va tutto bene, se è sì il problema diventa rilevante, diventando clamorose le inadempienze di Poste per la mancanza di controlli e la superficialità rispetto alla normativa generale, ad esempio per l’accesso all’azienda di personale esterno che vi svolge la sua attività.
Quindi per questi due ultimi punti sembra proprio che la VERITÀ non possa essere dichiarata da nessuno, e che neppure codesta azienda la possa pretendere dai lavoratori. Vedete di risolvere.
Un’ultima questione, ma non ultima in termini di importanza, riguarda la privacy. La fonte normativa al riguardo è il DPCM 7 agosto 2020, in specie quanto viene espresso nelle note esplicative dell’allegato 12. Orbene, in base a quelle disposizioni quanto si sta profilando nella gestione della autodichiarazione viola in modo complessivo tutta la normativa. La generica indicazione di “consegnare o inviare via email” alla propria funzione di gestione non può essere sufficiente a garantire tutte le previsioni per la tutela della privacy; le ricadute reali nei vari uffici peggioreranno in modo decisivo il quadro complessivo. È chiaro che se non viene risolto questo punto, nessuna pretesa potrà essere avanzata nei confronti dei lavoratori. Vedete di risolvere.
Questo è quanto; noi daremo indicazione al lavoratori di agire secondo le linee che abbiamo espresso in questo scritto, nel contempo diffidiamo Poste Italiane dal continuare su questa strada di sostanziale omissione di responsabilità e di illegittima imposizione ai lavoratori di obblighi privi di ogni fondamento.
31 agosto 2020
Responsabile SICobas poste Maria Antonietta Fierro